In fondo era prevedibile, non la morte, a quella si era preparata, considerati gli anni e gli acciacchi del corpo, ma ad una vita diversa, libera, anche bizzarra, perché Ornella Vanoni era luna e stelle, sole e cielo, professionale, perfetta, raffinata, di una statuaria eleganza sul palcoscenico e poi bambina, sbarazzina, maliziosa ma femmina, se sia possibile usare questo sostantivo senza cadere nell'accusa di sessismo che le avrebbe provocato sorrisi furbissimi, donna inquieta e inquietante, desiderata da chiunque amasse la musica, soprattutto lo stile con il quale sapeva interpretarla, a volte era un invito all'amore di contrabbando.
Avrebbe potuto fare la sciura milanese, dunque tirarsela come altre vedette dello spettacolo, da lei distantissime per censo e storia, invece aveva scelto di non mutare certe abitudini, portandosi appresso gli anni belli di Milano, Jannacci e Gaber, il solitario Adriano e l'emigrata Mina, "Milano ha delle zone belle, è bella con la nebbia, è un po' una donna con la veletta", lo aveva detto tra mille altre parole, fette di un tempo e didascalia di un'artista, appunto Ornella Vanoni, mai poker face, sempre vera, immediata, fresca, ruscello e onda di mare, assieme.
Ne fanno testimonianza le sue uscite televisive, non come cantante ma ospite di programmi vari, da Fabio Fazio ad esempio, un sito di cartonati e domande da baci perugina però che lei ha frequentato mai da Vanoni, sempre da Ornella, la ragazza che si faceva curare l'acne dalla Luciana, l'estetista di via Bellotti, a porta Venezia, appuntamenti quotidiani per cancellare i foruncoli e parlare del futuro, perché era così brava la Luciana che Ornella pensò che quello sarebbe stato il proprio mestiere.
A ripensarci, ogni volta che si accomodava sulle varie poltrone dei salotti televisivi era, per lei, come tornare dalla Luciana, dunque "ciciarare" del più e del meno e spolverare la testa dai pensieri cattivi.
Libera veramente, comunque mai costruita per sua ammissione "sono stronza e confusa", una confessione che è il bignamino di una esistenza scontornata, bella, anzi bellissima fuori e quasi vaga, dentro, alla ricerca degli uomini perduti o smarriti o mai amati senza fine. Soltanto una fuoriclasse si poteva permettere di presentare la cartella delle analisi, in diretta televisiva, al virologo Burioni, soltanto un fenomeno poteva chiedere alla badante di rollarle una canna per stimolare il sonno che, in verità già si era appiccicato al suo viso sgonfio, soltanto Ornella Vanoni sapeva raccontare, tra risate e applausi, i suoi sogni impossibili: "Insomma ho smesso e prendo i sonniferi e faccio dei viaggi onirici, ho sognato che ero in una giungla e c'erano degli omini piccoli, dei pigmei, ma vestiti un po' Maori e un po' Masai che parlavano benissimo l'italiano e c'era una mia amica e io le dicevo non andare via perché io non trovo più la borsa, dovevamo andare via, ma io non trovavo la borsa rossa e mi sono svegliata urlando la borsa! e la cameriera ha aperto la porta e mi ha chiesto se volessi la borsa.
È stato un sogno sconvolgente" e poi "Stamattina mi sono svegliata con l'idea di un mio fidanzato, che ho amato anche molto, e che mi diceva: Io non ti ho mai amata, mi fai schifo e io mi sono svegliata piangendo". Ma non è che fosse diversa il giorno in cui la nominarono Dottoressa di Musica, Cultura, Media e Performance, nell'Aula Magna della Ca' Granda dell'Università di Milano: "Ero una cialtrona, non mi è mai piaciuto studiare. Chissà cosa direbbero oggi i miei genitori a vedermi laureata! Da ragazza non sapevo cosa fare, ero di un'ignoranza terrificante, ero timida, di una timidezza che mi raggelava. Ma ero anche testarda e non mi piacevo così. Alla fine, anche se con enormi fatiche, ce l'ho fatta".
Come la poesia di Pavese, la morte è venuta e aveva i suoi occhi ma con un'ultima luce, anche questa un fuoco d'artificio, ancora da Fazio, il 2 novembre scorso, una corona di fiori a ricordare i defunti e Ornella a spiazzare tutti: "Non è per me? Ci sono persone che hanno talmente tanto che non sai cosa regalare, invece sul telefonino ho trovato delle bare colorate che nel frattempo, nell'attesa, diventano una cassapanca, una cosa comoda finché non arriva il giorno... Quella lì bianca non è male, semplice e lineare". Sono i testi migliori della sua vita, parole, pensieri, liberi, naturali. La musica è finita. Non è stata un'inutile serata.

